sabato 26 marzo 2011

UN'ONDA TRAVOLGENTE

Lo tsunami in Giappone, il conflitto in Libia, la crisi economica, il 2012 che è alle porte…stiamo vivendo un periodo storico particolarmente critico in cui sembra che veramente tutta l’umanità stia per essere travolta. Amici mi segnalano su you tube documentari interessantissimi ed inquietanti come Zeitgeist che risvegliano in me uno spirito ribelle e un desiderio di salire sulle barricate gridando: <<Lotta agli oppressori!>>.
Poi mi fermo, prendo un respiro, e ricordo che l’oppressore più spietato sta ancora dentro di me. È una parte del mio inconscio, giudicante, intollerante, avido, pauroso, succube dei condizionamenti familiari e culturali che spesso mi costringe a fare cose contro la mia vera natura, quella natura che accomuna tutta l’umanità e che possiamo vedere riflessa negli occhi di un infante da poco atterrato su questo strano pianeta, occhi che riflettono una mente ancora troppo fresca e giovane per essere stata contaminata…
La mia filosofia, e quella di molte persone che insieme a me condividono un percorso di crescita spirituale analogo, si riassume in questo semplice motto: “non puoi cambiare il mondo se non cambi prima te stesso”.
Il filosofo e maestro armeno George I. Gurdjieff, sosteneva che quella veemenza che ci spinge a combattere qualcosa, a criticare, a creare delle nuove teorie soggettive, a lottare, a salire sulle barricate, è in realtà il sintomo di un funzionamento disarmonico dell’uomo e della sua identificazione a una realtà illusoria. Tuttavia mi chiedo, considerando che in questo mondo, illusorio o meno, ci siamo e ci dovremo convivere fino alla fine dei nostri giorni sulla terra, vale la pena, nei limiti delle nostre possibilità, cercare di fare qualcosa per migliorarlo? Penso a Dante Alighieri che pur avendo scritto La Divina Commedia, un’opera immortale, rappresentazione allegorica di un cammino iniziatico, non era per questo estraneo alla politica del suo tempo. Ma penso anche a Don Chisciotte, personaggio nato dalla penna di Cervantes, altro grande della letteratura, che lotta contro i mulini a vento disperdendo energia che potrebbe indirizzare al suo sviluppo interiore personale.
Mi sorge quindi questa domanda: vale la pena lottare per cercare di migliorare le condizioni sociali ed ecologiche della terra su cui viviamo?
E comincio a chiedermi se è possibile conciliare quella parte di me che si indigna di fronte alle ingiustizie del mondo e vuole prendere in mano la spada per cambiarlo, con quella che cerca invece una liberazione interiore da questo mondo che, come sostengono gli induisti, è solo Maya. E nel caso fosse possibile, mi chiedo ancora, qual è il modo corretto e sano per provarci?
Vi invito ad esprimere le vostre opinioni e suggerimenti in merito.
Sono veramente curiosa di sapere cosa ne pensate.

Eva M. Franchi

2 commenti:

  1. Eva sei grande! Però secondo me gli oppressori ogni tanto vanno anche un po' "punzecchiati"..! Fabio

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  2. Grazie Eva per il tuo interessante quesito.
    Credo che, illusione o no, siamo su un piano dell'esistenza che è certo propenso a distribuire sofferenza, ma non per questo dobbiamo disinteressarcene completamente o non aiutare il prossimo a coglierne il significato nascosto. L'Osservatore non è solo verso l'interno, anche l'esterno ha un suo valore, non foss'altro che come specchio. Inutile quindi indignarsi nel sentirsi migliori, ma piuttosto sentirci responsabili del nostro mondo, guardandolo con amore e compassione. Importante in ogni azione è l'identificazione disidentificata.
    Un po' complicato il concetto? Come dire: arrabbiati pure... ma subito ridici su.
    Emmanuele

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